I capezzoli piatti sono una condizione in cui i capezzoli non sporgono all'esterno dell'areola, ma rimangono al suo livello o si ritraggono verso l'interno – introflessi. Questa condizione può essere presente fin dalla nascita o acquisita nel corso della vita per diverse cause, come infiammazioni, infezioni, cicatrici o anche tumori al seno.
In linea di massima, infatti, non si tratta di una malattia; è semplicemente una variazione anatomica che non compromette assolutamente la salute della donna.
Tuttavia, è bene prestare attenzione nel caso in cui i capezzoli dovessero divenire piatti a seguito di un cambiamento improvviso associato a qualsiasi altra anomalia o sintomo, come dolore, arrossamento, secrezioni o noduli al seno. In questi casi è assolutamente necessario rivolgersi al medico: il capezzolo piatto potrebbe essere la manifestazione di altro.
In tutti gli altri casi, non deve creare ansie o preoccupazioni, nemmeno riguardo ad un tema specifico: l’allattamento.
Capezzolo piatto e allattamento
Può un neonato nutrirsi al seno anche quando il capezzolo è piatto?
Sì, l’allattamento al seno è possibile anche in caso di capezzolo piatto o introflesso.
Questo perché il meccanismo alla base dell’emissione del latte non sta precisamente nel capezzolo: il neonato introduce nella sua bocca una buona parte di areola e con le gengive e tramite il meccanismo della suzione va a stimolare il tessuto mammario e i dotti galattofori proprio in quell’area; il capezzolo ha il “solo” compito di far fuoriuscire il latte. Quindi, anche se piatto, il capezzolo mantiene perfettamente la sua funzionalità.
Un capezzolo piatto o introflesso va semmai stimolato per rendere l’attacco al seno del neonato più efficace – un capezzolo normalmente estroflesso facilita il compito; uno introflesso o piatto lo rende un po’ più faticoso.
Per questo vengono utilizzati diversi sistemi di stimolazione, a partire da quelli naturali, come la stimolazione manuale o il freddo, che favoriscono l'estroflessione del capezzolo.
Ci sono anche degli strumenti che possono facilitare l’attacco ad un capezzolo piatto, che sono il tiralatte, che simulando la suzione pratica una sorta di aspirazione che aiuta a far fuoriuscire il capezzolo, e il paracapezzolo, che supporta l’attività del neonato durante la suzione.
I gradi di introflessione del capezzolo
Quanto detto finora è valido se l’introflessione del capezzolo non è di forma grave.
Per distinguerlo, infatti, si parla di gradi di introflessione.
Un’introflessione di grado 1 è minima e in genere non crea problemi; un’introflessione di grado 2, invece, può creare qualche problema durante l’allattamento; un’introflessione di grado 3, cioè quando il capezzolo non risponde affatto alla manipolazione dell’areola, è definibile severa.
La soluzione chirurgica
L'intervento chirurgico per la soluzione del capezzolo piatto è una procedura definitiva che agisce sulla causa anatomica della retrazione ed è una scelta personale che dipende dalla gravità della condizione e dalle esigenze e dalle aspettative di ogni donna.
Prima di decidere di sottoporsi a questa operazione è importante consultare un chirurgo plastico esperto che possa valutare il caso specifico e consigliare la tecnica più adatta.
In genere, si tratta di una breve operazione ambulatoriale che si esegue con anestesia locale e che richiede pochi giorni di recupero.
L'intervento consiste nell'effettuare una piccola incisione a livello del capezzolo, attraverso la quale rimuovere i tralci fibrosi e i dotti galattofori troppo corti che impediscono al capezzolo di sporgere.
Al termine dell'operazione, il capezzolo viene suturato sia all'interno per proiettarlo in fuori, che sulla cute esterna per affrancare meglio i margini.